“Dino’s dark room” di Corrado Rizza

UN FILM SU DINO PEDRIALI “IL CARAVAGGIO DELLA FOTOGRAFIA DEL NOVECENTO”. SUE LE ULTIME FOTO SCATTATE IN VITA A PIER PAOLO PASOLINI

di Mimmo Mastrangelo

        Da giovanissimo aveva doti da corridore Dino Pedriali, venne persino convocato per i raduni della nazionale di ciclismo, ma intorno ai ventidue anni, deludendo le attese del padre che, forse, già vedeva in lui un campione, abbandonò la bicicletta per seguire “la musa” dello scatto in macchina.

       Morto per un tumore nel 2021 (aveva settantun’anni), lo storico dell’arte tedesco Peter Weiermair riconobbe in Pedriali il “Caravaggio della fotografia del novecento”: come il grande pittore milanese, che prendeva i suoi modelli dalla strada e sulla tela ne esaltava la plasticità e la bellezza dei loro corpi, così “Pedriali spogliava i suoi modelli proletari mostrandone la forza, l’orgoglio, la muta coscienza di sé”.

       Un maestro il fotografo romano, la cui fama internazionale è andata crescendo – come viene confermato ora dal docu-film di Corrado Rizza “Dino’s dark room, la storia del fotografo Dino Pedriali” – grazie a quei bianchi e neri scattati a Pier Paolo Pasolini tra le strade di Sabaudia e negli interni della seconda casa del poeta (ai piedi della Torre Chia, nel viterbese) due settimane prima che venisse ucciso.

       Le foto in cui Pasolini si vede svestito avrebbero dovuto accompagnare le pagine del romanzo rimasto incompiuto, “Petrolio”, ma Pedriali spiegherà anni dopo che quel corpo nudo (che faceva pienamente parte del pensiero pasoliniano) rappresentava l’ultima provocazione del poeta friulano, oltre ad assumere un valore iconografico assoluto. “Pedriali non fotografò Pasolini in maniera neutrale – commenta il critico d’arte Achille Bonito Oliva nel docu-film di Rizza – ma ne  assunse le spoglie e le ha tramandate a noi “.

       Prodotto dalla Wax-Productions, Dino’s dark room racconta una di quelle storie che meritano di essere narrate e conosciute. E’ fuor discussione che lo sguardo di Pedriali sia rimasto legato al portafolio dei negativi con Pasolini, ma con la sua piccola Leica ne ha fatti di miracoli, basta andar posare l’occhio sugli scatti di altre illustre personalità: da Rudolf Nureyev a Georges Segal, da Man Ray a Giorgio De Chirico a Andy Warhol. “Le foto di Pedriali – viene detto nel film – non sono mai un calco delle situazioni che si presentano davanti a  suoi occhi, ma rivelano in superficie una rappresentazione  della realtà secondo un punto di vista del tutto soggettivo “.

       Il lavoro del romano Corrado Rizza si articola sul ricordo di chi conobbe in vita il Nostro, ma Dino’s dark room non è ascrivibile fino in fondo ad un docu-film, in quanto alla decina di testimonianze si sovrappone l’attore Pietro De Silva che, nei panni di Pedriali, teatralizza, recita le parole che il fotografo rilasciò, per un’ intervista, alla ricercatrice cinematografica Giorgia Bruni.

        Ma nella sovrapposizioni delle voci ecco che nel finale, da un vecchio filmato, venir fuori il Pedriali vero che racconta come nel 1976, sullo stile di un “fotoreporter da prima linea” (insolito per lui), scattò una foto a dei ragazzi che stavano su una spiaggia. E’un lavoro riuscito Dino’s dark room, anche ritrae uno di quegli “artisti con un pensiero” che hanno segnato un’epoca ed è sempre più difficile trovare oggi in circolazione.

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