“Il maestro giardiniere” di Paul Schraeder


 

di Gianni Quilici

Anche se diverso per stile e altro, ho pensato, vedendo “Il maestro giardiniere” di Paul Schrader, a Greenaway. Esattamente al suo primo grande successo di critica e di pubblico “I misteri del giardino di Compton House”. Per  due ragioni.

1. Il giardino non è soltanto un paesaggio scenografico e neppure uno strumento per riscattare il passato violentissimo di naziskin del maestro giardiniere. Il giardino, infatti, è una sua passione: lo cura, lo conosce, lo progetta, lo studia, ne è il maestro. Come lo è per il pittore nel film del regista inglese, sia pure con storie, stile e metafore diverse.


2. Il giardiniere (Joel Edgerton all’altezza del ruolo), così come il pittore di Greenaway, è autorevole nello sguardo e nella postura, nella parola e nel silenzio e soprattutto è lucido e determinato, capace di mutarsi, colpire, vendicare, vendicarsi.
All’inizio  la voce fuori campo del protagonista racconta del giardino e le sequenze fluiscono davanti ai nostri occhi quiete e scorrevoli con quel linguaggio distaccato che ricorda Bresson, come ha rilevato lo stesso regista.

Fino a quando la ricchissima signora del giardino con palazzo annesso, autoritaria e possessiva,  gli chiede di occuparsi di una sua nipote, un po’ fuori le righe e da lei disprezzata, insegnandole il mestiere.  La svolta nasce dall’affetto distaccato e amoroso del maestro giardiniere verso la ragazza,  assai più giovane:  fragile per la storia difficile che si porta dentro, ma, allo stesso tempo, forte, perché ha la personalità,  per metterlo, più volte, in discussione.
Il film cambia, allora, ritmo e senso. Il protagonista diventa feroce, quello che era stato,  per proteggere la ragazza, utilizzando quindi lo stesso linguaggio di allora, sia pure per un fine diverso. Una redenzione, si potrebbe dire, a metà strada, in cui Schrader, tuttavia, si identifica, in quanto la polizia non fa niente.  Nello stesso tempo cambia il suo rapporto servile verso la signora, costretto precedentemente a subire.

Un film d’autore, che non (mi) convince nella conclusione (ottimistica) . Trovo semplificato il rapporto d’amore tra i due come pure la resa senza combattere della signora( notevole Sigourney Weaver), un personaggio ben delineato nella sua silenziosa ferocia.      
 

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