” L’isola di Arturo” di Damiano Damiani

PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI DAMIANO DAMIANI RESTAURATO  “L’ISOLA DI ARTURO” (1962) DAL ROMANZO DI ELSA MORANTE

di Mimmo Mastrangelo

        Qualche tempo dopo l’uscita sugli schermi de L’isola di Arturo (1962) di Damiano Damiani (1922 Pasiano di Pordenone-2013 Roma), Elsa Morante – autrice dell’omonimo romanzo – in un’intervista dichiarò: “Sebbene  Damiani non abbia assolutamente inteso essere  infedele al libro, fatalmente è stato troppo infedele”

        Avendo letto il romanzo e visto il film, possiamo dire che il giudizio così radicale della Morante sul lavoro del regista friulano ci sembra eccessivo. Indubbiamente Damiani (e i suoi collaboratori nella sceneggiatura Cesare Zavattini, Enrico Ribulsi ed Ugo Liberatore ), nel mantenere una propria autonomia (diciamo autoriale), si discosta in alcuni passaggi dalla pagina scritta, ma non si può accusarlo di infedeltà, anzi i giudizi della critica dell’epoca furono quasi unanime nell’attestare una convincente trasposizione filmica.

       Lo stesso Alberto Moravia, che aveva rotto da poco un lungo legame sentimentale con la Morante, nella sua recensione su “L’Espresso” annotò: ” Damiani ha fatto il bel film che ci si aspettava da lui>>  ed aggiungeva<<Uno scrittore non può chiedere ad un regista che sia fedele al suo libro: può soltanto chiedergli che faccia un bel film>>.

        Grazie all’Istituto Luce Cinecittà L’isola di Arturo è stato da poco restaurato anche per celebrare il centenario della nascita di Damiano Damiani il quale nel prosieguo della carriera andò affermandosi in uno specialista di un genere poliziesco del tutto particolare, tra “il milieu mafioso e la corruzione della giustizia” come  testimoniato, tra gli altri, dai titoli Il giorno della civetta (1968), L’istruttoria è chiusa (1971), Perché si uccide un magistrato ( 1974).

        Sceneggiato insieme a Cesare Zavattini, Enrico Ribulsi ed Ugo Liberatore, l’impianto del film tra il realistico-sentimentale e l’introspezione psichica, accosta lo spettatore alla difficile maturazione dell’ adolescente Arturo ( Vanni De Maigret sicuro e convincente nella sua prima apparizione sullo schermo) che, rimasto orfano di madre, soffre il distacco dal padre ( Reginald Kernan) il quale per lunghi periodi lo lascia praticamente vivere solo su un’ isola (il set è Procida). Il ragazzo insegue la figura del genitore, ma la sua esistenza si scombussola ancor di più quando sull’isola la giovanissima seconda moglie (Kay Meersman), di cui si innamora pure.

       Sceneggiato insieme a Cesare Zavattini, Enrico Ribulsi ed Ugo Liberatore, vincitore della Concha de Oro al Festival di San Sebastian in Spagna nello stesso anno della suo uscita nelle nostre sale,

        L’isola di Arturo scorre senza inciampi lungo una scia narrativa delicatissima, inoltre la rigorosa guida dietro la macchina da presa di Damiani e il suo controllo sulla pressione psicologica ed emotiva a cui è soggetto il lavoro degli attori fanno da garante alla riuscita del film.

        E’ un bene quando si restaura (e ritorna sugli schermi) una pellicola come “L’isola di Arturo”, è un atto di resistenza contro la perdita sempre più diffusa della memoria filmica. Lasciar cadere la ruggine corrosiva del tempo sul bel cinema in bianco e nero non ce lo possiamo permettere. Si ostacolerebbe lo stesso futuro della nobile arte delle immagini in movimento .

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