“Teorema” di Pier Paolo Pasolini

AL FESTIVAL DI VENEZIA   LA COPIA RESTAURATA DI “TEOREMA”. DI PASOLINI AL FESTIVAL DI VENEZIA, UN FILM CHE FECE MOLTO DISCUTERE

di Mimmo Mastrangelo

       “Dio fece quindi piegare il popolo per la via del deserto” (Esodo 13, 18), “Mi hai sedotto Dio , e io mi sono lasciato sedurre, mi hai violentato e hai prevalso “ (Geremia 20,7). Queste due citazioni dall’Antico Testamento non sono certo riportate per caso in Teorema di Pier Paolo Pasolini, hanno una concatenazione coi significati evidenti ed anche con quelli più celati della trama.

       Quando il film venne presentato (in concorso) nel 1968 a Venezia, P.P.P, che faceva parte di un gruppo contestatario di cinematografari , chiese al pubblico di disertare la proiezione in segno di solidarietà con chi manifestava contro una rassegna troppo istituzionale e spettacolare.

       Il film, tuttavia, fu visto e vinse, oltre la Coppa Volpi con Laura Betti miglior attrice non protagonista, il premio assegnatogli dall’Organizzazione Cattolica Internazionale per il Cinema. Nonostante il riconoscimento da questo pezzo progressista della Chiesa, la pellicola fu contestata fortemente sulle pagine dell’Osservatore Romano e qualche mese dopo la proiezione in Laguna le sue copie vennero sequestrate per oscenità.

       In tribunale per Pasolini ed uno dei suoi produttori, Donato Leoni, vennero chiesti sei mesi di carcere, ma la sentenza di piena assoluzione permise al film di ritornare nelle sale e ai due imputati di rimanere uomini liberi.

        A distanza di cinquantaquattro anni quel lavoro ritenuto scandaloso viene riproposto al Festival di Venezia (sezione classici) nella copia restaurata dalla Cineteca di Bologna per i cento anni dalla nascita di P.P.P.

        La prima parte della storia si snoda nella villa di una famiglia borghese “moralmente appassita”, composta da padre (Massimo Girotti), madre (Silvana Mangano ) e due figli liceali. L’apparente serenità che regna nella lussuosa dimora viene sconvolta dall’improvviso arrivo di un giovane (Terence Stamp) “dai felici atteggiamenti rinascimentali” che legge Rimbaud ed avrà con tutti i componenti della famiglia, compresa la serva, (Laura Betti), rapporti carnali che avranno il risvolto di un desiderio e possesso rigenerativo.

        Nella seconda parte dell’opera la partenza del giovane ospite getterà nella disperazione genitori e figli i quali si abbandoneranno ad un percorso di deriva, solo la serva, ritornando nel suo ambiente contadino e riabbracciando la fede, “potrà guadagnarsi una sacrale redenzione”.

       Pensato inizialmente secondo i codici della tragedia antica e poi sviluppato sul modulo della prosa romanzesca, Teorema è un film impetuoso ed intellettualmente pasoliniano in ogni sua sequenza. Sì, potrebbe ancora oggi turbare, ma solo se ci ferma alla superficie della trama, perché se poi lo si guarda ( o si rivede) con occhi liberi e più indagatori – come ha fatto notare il compianto padre gesuita Marc Gervais (che ha scritto anche una monografia su P.P.P. ) – ecco trovarci davanti ad un lavoro che va certamente interpretato anche alle luce delle sue metafore, per esempio nelle immagini ad intermittenza del deserto è possibile riconoscere un luogo (biblico) di transito verso la purificazione dell’umanità.

        Teorema – che viene proposto il 7 settembre a Matera in contemporanea al Festival di Venezia – è un film che, se da una parte si propone di svelare le cadute morali ed esistenziali di una borghesia religiosa solo nell’apparenze, dall’altra con decisa forza contestataria vuol mettere a nudo “l’incapacità dell’uomo moderno, di percepire, ascoltare, assorbire il verbo del sacro”.

        Tra le altre interpretazioni ci sono quelle di Adele Cambria e della madre di Pasolini, Susanna, da segnalare anche i cammei del critico teatrale Cesare Garboli e del poeta salernitano Alfonso Gatto.

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