“Bosnia Express” di Massimo D’Orzi

“BOSNIA EXPRESS” UN VIAGGIO DA TRIESTE A SARAJEVO PER INDAGARE, ATTRAVERSO LE STORIE DI DONNE, LE FERITE RIMASTE APERTE DELLA GUERRA DEI BALCANI…..
di Mimmo Mastrangelo

        Ispirato liberamente all’omonimo libro-inchiesta di Luca Leone, “Bosnia express” (2021) di Massimo D’Orzi è un docu-viaggio da Trieste a Sarajevo, passando per Srebrenica, Tuzla, Mostar, Medjugorje, un transito nel cuore della Bosnia-Erzegovina la quale, da antica terra di civilissima convivenza sociale tra ortodossi, cattolici, musulmani, ebrei, con la guerra etnica degli degli anni novanta del secolo scorso si trasformò in uno scenario di inauditi orrori e barbarie .

       La Bosnia-Erzegovina, come la “baklava” è fatta a strati, ma a differenza di questo gustoso e ricercato dolce a sfoglie della tradizione locale, l’hanno voluta infradiciare di odio e veleno. Per indagare da dove derivasse tanto odio e se le religioni avessero delle responsabilità nel conflitto, D’Orzi ha deciso di attraversare questa striscia dei Balcani arrivando a persuadersi che della spietatezza di quella guerra se ne può dare oggi lettura se non attraverso il dolore, la vita delle donne. < >.

       La vita delle donne stuprate, ma anche delle donne che si concedevano ai loro compagni come se fosse l’ultima notte. Per questo si dice che sia stato il ventre delle donne a salvare Sarajevo e si pensa che, probabilmente, saranno le donne a far riunificare un domani l’ex-Jugoslavia. E dunque, a loro, alle donne della Bosnia , alle loro storie, ai loro racconti che D’Orzi rivolge il suo sguardo irregolare, non lineare.

        Ecco che con la macchina da presa si accosta al bel volto di Nikolina, attrice, cantante e maestra di pianoforte, “cresciuta nel teatro di guerra di Sarajevo” ; ecco due studentesse musulmane che discutono del futuro e si scambiano idee; ecco il coro (tutto al femminile) “Ansamble Iskre” che su un binario della stazione di Tuzla improvvisano un noto canto della tradizione locale; ecco Kanita che si muove con passo lento nella sua casa che durante il conflitto etnico divenne una sorte di quartiere generale della stampa del mondo, scruta da una finestra le montagne prospicienti da cui nel maggio del 1992 partì il colpo di un cecchino che tolse la vita al marito; ecco la scrittrice Enisa Bukvic esaminare le conseguenze degli stupri di massa ed azzardare delle risposte sul perché una società laica, aperta come quella bosniaca all’improvviso divenne reazionaria, violenta, devota non di fede ma di integralismo.

       Prodotto dalla Loups-Garoux , insieme all’Istituto Luce-Cinecittà, “Bosnia express” è un viaggio in luoghi martoriati in cui la guerra ha lasciato ancora ferite apertissime che, forse, ci vorrà ancora un lungo tempo per essere sanate. Chi è arrivato dopo i massacri (si pensi a quello di Srebrenica nel 1995, con la morte di 8000 musulmani) e ai colpi di mortaio ha pensato ad arricchirsi spudoratamente. Fiumi di denaro sporco, mafie e crimini hanno preso il posto della ricerca della verità. Tantissime donne che vennero violentate con brutalità aspettano ancora giustizia, mentre i loro carnefici girano liberamente.

        La Bosnia di oggi “sembra aver girato le spalle alla storia recente”, eppure…Eppure ci sono le sue donne con la loro bellezza, la speranza e quel “Rinascimento” che incarnano, saputo mettere limpidamente in luce dall’occhio di Massimo D’Orzi.

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