“Ricordo di Camillo Marino” di Mimmo Mastrangelo

Chi non ricorda il professore comunista, cinefilo e partigiano Nicola Palumbo, interpretato  da  un grande Stefano Satta Flores  nel capolavoro di Ettore Scola  “C’eravamo tanti amati” (1974)? Chi non ricorda  quel suo  amaro sfogo nei confronti  dei suoi concittadini rimasti delusi dalla visione  di “Ladri di biciclette” di De Sica (“Nocera è inferiore perché ha dato i natali a individui ignoranti e reazionari  come voi) ?

Chi (non) ricorda Camillo Marino (1925- 1999), il critico cinematografico a cui Ettore Scola si ispirò proprio per “costruire”  il personaggio del professor Palumbo?

Camillo  Marino – che oltre a critico e soggettista (da sue idee sono nati i film  di Silvio Siano “La donnaccia”  e “La vedovella”  , quest’ultimo  girato nel 1964 tra Maratea e Praia a Mare),  è stato uno straordinario  personaggio, un lucido Don Chisciotte dalla cui testa sono uscite  gemme di idee filmiche e politiche.

Nato a Salerno nel 1925, operò soprattutto in Irpinia dove si trasferì che era ancora ragazzo, lasciati gli studi universitari, alla fine degli anni cinquanta, insieme al critico Giacomo D’Onofrio, diede vita  alla rivista avanguardista “Cinemasud” (oggi esce con la testatina “Quaderni di Cinema Sud”  ed è diretta da Paolo Speranza) con cui predicherà una visione di cinema realista e chiamerà a collaborarci fior fiore di critici, scrittori, registi.

Tra questi Pier Paolo Pasolini che scriverà degli inediti come “Una giornata balorda” da  cui svilupperà la sceneggiatura del suo primo film “Accattone”.  Spronato dallo stesso Pasolini,  Marino nel 1959 diede  pure vita al “Laceno d’oro”,  festival che diresse per  trenta edizioni e  attraverso cui, oltre a rievocare e rilanciare immaginari realistici, riuscì a collocare culturalmente  l’intera provincia di Avellino  dentro un contesto europeo. Marxista sì, ma non al punto – come dirà lo scrittore Domenico Rea – di non vedere e scegliere il bello laddove era presente.

Marino da giovane partecipò alla Resistenza,  si iscrisse al vecchio Partito Comunista, ma fu innanzitutto  un libero battitore  per niente  incline alle ortodossie. Dal Pci venne  espulso aderendo poi alla corrente più a sinistra del Partito Socialista.  Da critico e impenitente  divulgatore di un’idea (ma lui parlava di ideologia) realistica  che andasse ben oltre lo schermo,  andò affermando:  “la nostra battaglia culturale, di Cinema Sud e del Laceno D’Oro, è stata improntata intorno ad una visione umile della vita e allo stesso tempo nella difesa degli interessi dei più deboli>”

Il giornalismo, la critica cinematografica di oggi  deve tanto a Camillo Marino, non fosse altro perché ha cercato, con tutte le forze  di  raccontare (e promuovere )  il cinema come arte e  militanza  politica. Si spense a  Avellino nel 1999.

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