“In ricordo di Angela Ricci Lucchi” di Mimmo Mastrangelo

ritrattoSe n’è andata in un silenzio quasi totale. Solo pochi giornali hanno riportato la notizia e un ricordo della morte avvenuta a Milano qualche giorno addietro della regista romagnola Angela Ricci Lucchi che,  insieme al compagno  Yervant Gianikian, ci ha regalato un’ opera estremamente unica nella storia del cinema e dell’arte.

Come per  Jean Marie Straub e Daniel Auteuil (altra  coppia di registi outsider),  Gianikian e  Ricci Lucchi per quasi un cinquantennio hanno rappresentato un marchio di fabbrica, autori di un “cinema espanso” (per ricordare una definizione  cara al critico Enzo Ungari) che vuole sottrarre lo spettatore all’abitudine e  all’assuefazione.

Il  suo  (il loro) operare non ha avuto mai   niente a che fare con quello di “registi-padroni” che, servendosi di un’arte illusionistica, pretendono di comandare il pubblico quando ridere, piangere, commuoversi, indignarsi. Con Angela Ricci Lucchi e Gianikan siamo su un altro pianeta dell’arte filmica,  non hanno prodotto  immagini né  mai fatto  cinema direttamente.

Il loro campo di lavoro è stato  quello di intervenire  sulla memoria, prendere vecchie pellicole (molte volte sottratte alla polvere  negli archivi milanesi del fotografo ed operatore di macchina Luca Comerio), ri-filmarle e dipingerle  a mano, fotogramma per fotogramma, lasciando così  affiorare dalla materia chimica una nuova luce e nuovi significati. Un lavoro certosino e di amore dai tempi rallentati, una procedura per riaccendere i lati rimasti  oscuri  di una vecchia pellicola non sonorizzata e su cui solitamente verrà  poi sovrapposta la musica di una partitura minimalista.

“Dal polo all’equatore” (1986), “Uomini anni vita” (1990), “Diario Africano” (1994), “Inventario balcanico” (2000)  sono  titoli  molto noti all’estero e, colpevolmente, non  da noi,  non per caso “Dal Polo all’equatore” venne  riconosciuto a livello internazionale tra “i cinquanta film più notevoli” del decennio 1980-1989.

I titoli  di Ricci Lucchi e Gianikian sono “riflessione sulla forza e sull’intelligenza della visione, non raccontano una storia ma infinite, tutte quelle che siamo in grado di leggere sui volti di anonime figure umane che tornano a ri-guardarci, nei gesti che riacquistano la sacralità di ciò che è riproducibile ma irripetibile, nella densità  quasi tattile dei paesaggi…”.  Un lungo e cosmopolita poema audiovisivo che mescola l’Oriente con l”Occidente, fa incontrare culture e  affonda  nella memoria, questo è il cinema (l’arte) dagli sconfinamenti spaziali e temporali di Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian. Un viaggio il loro  nel fiume della storia che va a connotare una ricerca tanto  artistica quanto rigorosamente politica.

Il 24 marzo 2018 nell’ambito dell’ultima giornata  della rassegna “Frammenti autoriali”, per ricordare Angela Ricci Lucchi , è stato presentato presentato allo Spazio Art House di Moliterno (Potenza) “Dal Polo all’Equatore” realizzato sulla fotografia di cinquecentomila fotogrammi di materiali d’archivio.

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