“Intervista con Felice D’Agostino, regista calabrese” di Mimmo Mastrangelo

feliceFanno un cinema radicalmente politico, autarchico (e anarchico). Con materiali d’archivio e gente comune, girano  nella propria regione (la Calabria) e in estrema povertà  docu-film che, cozzando nel muro dei casi irrisoluti della storia d’Italia, codificano una poetica che chiede a chi guarda lo sforzo di interpretare. Sono cugini  Felice D’Agostino e Arturo Lavorato e fino adesso hanno all’attivo un pugno di opere, ma i loro titoli più conosciuti sono “Il canto dei nuovi emigranti” (2005) e “In attesa dell’avvento” (2011).

Con il primo, che è un omaggio al conterraneo poeta  Franco Costabile, sono stati premiati al Festival di Torino e Bellaria, mentre con il secondo, firmando un breve e corrosivo trattato sulla retorica del Risorgimento e dell’Unità d’Italia,  si sono aggiudicati lo scorso anno al Festival di Venezia il primo premio nella sezione cortometraggi. Del loro lavoro, della loro ricerca documentaristica sulla Calabria e il Meridione e di quella loro tensione artistica e politica che vuol essere pure rilancio del conflitto sociale ne  abbiamo con Felice D’Agostino.

QUANDO E’ INIZIATO IL SODALIZIO CINEMATOGRAFICO D’AGOSTINO-LAVORATO?

Io ed Arturo è da un bel po’ di anni che facciamo cinema insieme, entrambi   autodidatti abbiamo iniziato ad appropriarci del mezzo audiovisivo lavorando per il cinema e la televisione. Io vengo da una passione prematura per la fotografia, mentre Arturo ha coltivato un impegno politico negli anni dell’università , creando pure una cooperativa  di produzione di documentari. La molla di avvicinamento all’audiovisivo è stata (e rimane ancora oggi ) la necessità di raccontarci come individui e come calabresi; se non ci fossimo imbattuti in questo linguaggio sicuramente avremmo cercato in qualche modo di cantare la nostra terra con altri strumenti.

E’ DIFFICILE FARE CINEMA PER DUE REGISTI GIOVANI IN UNA REGIONE COME LA CALABRIA?
Dal punto di vista produttivo assolutamente sì, avendo dichiarato guerra a tutte le istituzioni locali. Per il resto per noi è davvero l’unico luogo  dove fare film  sia facile, e questo grazie   a tutto quello che ruota intorno alle nostre opere.

“IL CANTO DEI NUOVI EMIGRANTI” E “IN ATTESA  DELL’AVVENTO” SONO I  FILM CHE VI HANNO FATTO CONOSCERE A LIVELLO NAZIONALE, MA PRIMA CI SONO STATE ALTRE OPERE…

Insieme ad Angelo Maggio, fotografo ed animatore culturale calabrese, per anni abbiamo portato avanti un progetto  di documentazione audiovisiva delle feste popolari calabresi. Questa è stata  la nostra vera “palestra cinema”. E mentre archiviavamo  abbiamo realizzato un paio di documentari etnografici che sono stati proiettati in ambienti accademici

LE VOSTRE DUE OPERE PIU’ IMPORTANTI SONO STATE MOLTO APPREZZATE,  OLTRE PER RASSEGNE E FESTIVAL DOVE HANNO CIRCUITATO?
In molte iniziative politiche sono stati proiettati “Il canto…” e “In attesa dell’avvento”. Non affermo niente di nuovo se dico delle reali carenze distributive presenti nel nostro Paese. Se poi si pensa  che registi come Tonino De Bernardi e Fabrizio Ferraro trovano difficoltà  a far entrare i loro film in sala, non credo che bisogna stupirsi più di tanto se i nostri film gravitano solo intorno a  festival e rassegne. Ora  possa piacere  o meno, ma questi contenitori sono l’unico canale alternativo per vedere un certo tipo di cinema.

IN QUESTO MOMENTO A COSA STATE LAVORANDO?
Stiamo preparando un lungometraggio di cui “In attesa dell’avvento”  costituisce un piccolo studio iniziale. Il film sull’Unità…un film contro  il Risorgimento , cioè vogliamo far vedere l’Unità d’Italia dalla parte delle periferie più lontane del Regno, raccontare come si è generato un ulteriore processo di colonizzazione del Meridione.

VERSO QUALI  REGISTI E CINEMATOGRAFIE SI RIVOLGE IN PARTICOLARE LA VOSTRA ATTENZIONE?

Tra i nostri “sguardi preferiti”ci sono sicuramente Godard, Straub-Huillet e Rocha, ma anche Tarkovskij, Anghelopulos, Bela Tarr, De Oliveira, Herzog, Rouch, Jarman,  Marker, Bresson. Insomma, siamo attratti da un certo cinema autoriale e d’impegno.

FATE  UN CINEMA POLITICO, MA DI LA’ DELLA MACCHINA CINEMA COME MANIFESTATE LA MILITANZA POLITICA E CIVILE?

Il nostro cinema è un prolungamento del nostro fare politica in Calabria. Raccontare l’emigrazione meridionale, ricercare una lingua che ci aiutasse contemporaneamente ad esprimerci e a riconoscerci comunità ci ha portato a confrontarci con la storia. E da qui che stiamo stati sollecitati altresì a  sostenere in Calabria  battaglie contro discutibili megainvestimenti   come l’inceneritore di Gioia Tauro, la Turbogas di Rizziconi e il Ponte sullo stretto. Da un anno e mezzo io e Arturo abbiamo contribuito  alla nascita e alla crescita di una sorta di consorzio/movimento  equosud che agevoli i piccoli produttori della nostra terra a “bypassare” la grande  distribuzione, vero cappio al collo della nostra  economia  agricola e causa  di molte tensioni come quella che sfociò nella rivolta di Rosarno. Inoltre, per la vicinanza a chi ha sempre lottato per la nostra  terra abbiamo voluto dedicare  “In attesa dell’avvento”   all’economista marxista e meridionalista Nicola Zitara e a Ciccio Svelo , avvocato di movimento e compagno di tante battaglie, purtroppo prematuramente scomparso lo scorso anno.

E DEI PARTITI E DELL’ ATTUALE QUESTO GOVERNO COSA PENSATE?

Noi siamo comunisti libertari. E come tali non abbiamo mai creduto  alla forma partito e nemmeno  nel voto come espressione di partecipazione alla vita politica. Crediamo che la politica si faccia nelle strade, nelle piazze e non nelle sedi partito. A proposito di forma di partito voglio ricordare che  su questo tema Simone Weil ha scritto un bellissimo pamphlet che consiglio a tanti di leggere.

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