“Le dee di Olimpia” di Francesco Gallo

 IL DOCU-FILM RACCONTA LE IMPRESE SPORTIVE CHE HANNO ANCHE CONTRIBUITO ALL’EMANCIPAZIONE DELLE DONNE NEL CORSO DELL’ULTIMO SECOLO. PREMIATO COME “MIGLIOR FILM SPORTIVO” AL CANNES WORLD FILM

di Mimmo Mastrangelo

       Nonostante i notevoli meriti cui vanno riconosciuti, l’ideatore dei giochi olimpici Pierre de Coubertin (1863 -1927) riteneva che la donna non fosse adatta a praticare alcuna disciplina sportiva. Arrivò persino a sentenziare: < < lo sport femminile è la cosa più antiestetica che gli umani potessero contemplare>>.

        Ma al cospetto del pensiero del barone de Coubertin e di una cultura maschilista dominante, dagli inizi del novecento il numero le donne-atleta andò crescendo come viene dimostrato ne “Le dee di Olimpia” (2023), ultimo lavoro del regista e storico dello sport Francesco Gallo. Montato su spezzoni di immagini d’archivio, il documentario ricostruisce la storia di atlete che, nelle partecipare alle olimpiadi, lottano, salgono sul podio, conquistano record e, allo stesso tempo, contribuiscono alla loro stessa emancipazione nella società.

        Attraverso un secolo (ed oltre) di battaglie politiche e civili, Gallo passa in rassegna una straordinaria carrellata di imprese di campionesse che < < hanno scritto alcune delle pagine più belle ed emozionanti nella storia delle olimpiadi>>. Come quella delle nostre Ondina Valla e Sara Simeoni, o quella della francese Susan Lenglen, una delle prime star del tennis rosa e soprannominata “la divina”, vincerà nel mondo tutto quello che ci sarà da vincere e alle olimpiadi di Anversa del 1920 si aggiudicherà l’oro nel singolo e nel doppio misto.

       Un mito incrollabile nella storia dei giochi diventerà la velocista statunitense Betty Robinson la quale nel 1928 farà suo l’oro e il primato mondiale nei 100 metri, mentre nel 1936 a Berlino – dopo essere stata a riposo per diversi anni a causa di un incidente aereo in cui l’avevano data per morta portandola persino all’obitorio – salirà ancora sul podio più alto per il successo nella staffetta 4×100. Nel secondo dopoguerra : le imprese di sportive continueranno ad incrociare (e spesso condizionare) gli eventi della storia: alle Olimpiadi di Londra del 1948, l’altista statunitense Alice Marie Coachman si affermerà come la prima atleta di colore a vincere un oro.

        Tra i grandi della competizione a cinque cerchi vedrà inserito il suo nome anche l’olandese Fanny Blankers Koen la quale, superati i trent’anni e già madre di due figli (per questo la chiameranno “la mammina volante”), vincerà nel 1952 sulla pista di Londra la bellezza quattro ori. A sedere, inoltre, tra le dee di Olimpia e lanciare una sfida del tutto personale ai propri governi-regimi saranno, tra gli anni sessanta e settanta, nel campo della ginnastica la cecoslovacca Vera Caslavska e la rumena Nadia Comaneci (“la libellula dei Carpazi”).

        Ma tra le storie più commoventi ed incredibili raccontate dal regista calabrese c’è quella della nuotatrice siriana Yusra Mardini. Dopo essere fuggita dalla guerra con famiglia e trovare rifugio in Germania, parteciperà alle Olimpiadi di Rio del 2016 con la squadra dei rifugiati.

        Premiato come “miglior film sportivo” al Cannes World Film Festival e presentato la scorsa settimana al Dipartimento di Studi Umanistici di Roma, “Le dee di Olimpia”è un film su atlete che, pur saltando ostacoli in una pista o stando in equilibrio su una barra, hanno cercato di abbattere le barriere di genere, è un’opera in cui nel binomio donne e sport Francesco Gallo lascia rispecchiare un cammino lunghissimo (al femminile) di lotte e conquiste.


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