“Lo spazio inquieto” di Franco Angeli

UN FILM SU FRANCO ANGELI PITTORE DELLA “SCUOLA DI PIAZZA DEL POPOLO” CHE SI IMPOSE A ROMA TRA GLI ANNI SESSANTA-SETTANTA.

di Mimmo Mastrangelo

       Franco Angeli (Roma1935- Roma1988) fece parte di quella combriccola di artisti emergenti che a Roma passò sotto il nome de “la Scuola di piazza del Popolo” e si distinse per un particolare spirito provocatorio, oltre che per una irresistibile febbre del fare ed una vivace curiosità verso i molteplici universi del sapere.

       A Franco Angeli, come a Mario Schifano, Jan Kounellis, Luca Patella, Tano Festa, Renato Mambor, Pino Pascali Roma deve tanto, perché grazie a loro riuscì a strappare a Milano il primato nelle arti visive e non solo.

       Di fronte al vento del fermento culturale che attraversò la città di Roma fra gli anni sessanta-settanta, il poeta e critico d’arte Cesare Vivaldi arrivò scrivere: “Per una volta la capitale ha funzionato culturalmente da capitale, da luogo d’incontro e scontro di artisti ed intellettuali di tutta Italia e del mondo”.

       Dunque, Franco Angeli divenne una delle figure chiavi di una eccezionale stagione dell’arte, il suo complesso immaginario ed un spasmodico dinamismo si specchiano ora nel docu-film “Lo spazio inquieto” (2022) girato da Franco Angeli (è il nipote del pittore) e che si avvale della testimonianza di Marco Bellocchio, Giosetta Fioroni, Mario Carbone, Bruno Di Marino, Luca Massimo Barbero, Laura Cherubini, della compagna del pittore Livia Lancellotti, della figlia Maria e del fratello maggiore Otello.

       Quest’ultimo (che a Roma tutti conoscono per le sue storiche battaglie da sindacalista) apre il film ricordando l’infanzia, la separazione dalla famiglia, i tristissimi momenti vissuti durante la seconda guerra mondiale. In un bombardamento nello notte di San Lorenzo del 1943 , lo stabile dove abitava la famiglia Angeli venne giù e i suoi componenti si salvarono solo perché non erano in casa.

        I bombardamenti, il senso dell’inutilità della guerra, la miseria, l’arroganza del potere sono temi che – come confermano le voci sullo schermo – ritorneranno spesso anche in forma di simboli sulle tele dell’autodidatta Angeli, il quale già nel 1957 si fece conoscere al pubblico e tra gli addetti ai lavori con “Da una ferita scaturì la bellezza”, una tela capolavoro ispirata dal trauma vissuto durante la guerra e dove una garza rossa copre a mò di benda una monocromatica superficie rossa. Furono la miseria e le sofferenze vissute da ragazzo che spinsero Franco Angeli verso l’arte per farne il proprio mestiere, meglio< per essere pittor e non fare il pittore >.

        Un ricco album di foto sommato a materiali audiovisivi d’archivio e a delle interviste rilasciate a suo tempo dallo stesso Angeli aiutano a dare una compiutezza al documentario di Franco Angeli-nipote nonché a superare (una volta per sempre) persino quel luogo comune per cui si volle riconoscere nei pittori della “scuola romana” uno spirito creativo concomitante a quello della pop-art statunitense.

       Ma sarà proprio Angeli a sciogliere ogni dubbio: “ Io non ho mai fatto un quadro pop, non sono pop”. Presentato in anteprima all’ultimo “Torino Film Festival” ed ora nel circuito delle sale, “Lo spazio inquieto” è un’opera per ritrovare il fascino, la bellezza d’animo di un artista che lavorò pure nel cinema da regista, attore (fu protagonista in “Morire gratis” di Sandro Franchina) e fece principalmente del lavoro sulla tela l’elaborazione di un pensiero. In ragion di ciò le immagini de “Lo spazio inquieto” sembrano suggerire che la grammatica astratto-materica, l’informale (come gesto ribelle), i monocromi di Franco Angeli non si smetterà di riscoprirli, continueranno a sprigionare energia ed interrogativi per qualsivoglia disputa nel recinto dell’arte.


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