“ Maigret” di Patrice Leconte

di Gianni Quilici

       Film da vedere, ma che può deludere, se non si partecipa al sottotesto presente più nelle immagini che nelle parole.

          Il cuore di questo Maigret non è il mistero del delitto, ma la “depressione” in cui il commissario piomba già nella prima scena. L’amico medico gli annuncia, infatti, che per problemi di salute, dovrà abbandonare la sua immancabile pipa. Infatti la vecchiaia si sta avvicinando, presto andrà in pensione, dovrà lasciare quel lavoro che tanto lo ha appassionato e reso celebre. Ed ecco che da lì a poco si trova tra le mani un delitto: una giovanissima ragazza di provincia, giunta a Parigi piena di speranze, viene uccisa a colpi di coltello ed è um mistero. Nel corso delle indagini incontra un’altra ragazza a quella simile e ambedue gli evocano, in modo silenziosamente lacerante, la figlia morta.

     

       Un film, quello di Patrice Leconte, introspettivo, con un montaggio e una colonna sonora essenziali, lontani da compiacimenti sentimentali possibili, con una ricostruzione visiva suggestiva della Parigi di allora: vicoli notturni appena illuminati, café chantant e fisarmoniche.
Il delitto non avvince, non c’è la sospensione del “chi sarà l’assassino” . A Leconte interessa di più delineare la famiglia di una grande borghesia ricca e parassitaria, che dietro gli sfarzi nasconde vizi, nevrosi e infelicità.
Gerard Depardieu dà a Maigret possanza fisica e un volto energico nella sua sicurezza e insieme cupo, distante, in una sintesi, altrove.

       E forse la bellezza e il limite del film stanno in questa monumentalità fisica e psicologica di Maigret, tutta visiva ed implicita, ma che non viene messa in discussione, ossia non crea dialettica, perché nessuno a lui è vicino, neppure la moglie che lo accudisce soltanto materialmente.

                         Maigret
Regia di Patrice Leconte. con Gérard Depardieu, Jade Labeste, Mélanie Bernier, Aurore Clément, André Wilms. Francia, 2022, durata 89 minuti.

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