Mostra di Venezia. “La lupa” di Alberto Lattuada

di Mimmo Mastrangelo

lupaNon solo per ricevere il Leone d’oro alla carriera,  il regista francese  Bertrand Tavernier sarà alla settantaduesima  Mostra di Venezia anche per presentare quattro film     ritenuti da lui degli autentici capolavori. Con “Viva la vita” (1933) di Pal Fejos, “Scala al Paradiso”(1941) di Michael Powell e  Emeric Pressburger, “Zampe bianche” (1949) di Jean Gremillon, Tavernier ha selezionato di Alberto Lattuada  “La lupa” di cui al Lido verrà presentata in anteprima mondiale la copia da poco restaurata dalla Cineteca Nazionale del  CSC in collaborazione con la Filmauro e la Lucana Film Commission.

Su una sceneggiatura scritta  con Antonio Pietrangeli, Ennio De Concini ed Ivo Perilli (e a cui si aggiunse  Alberto Moravia), nel 1953 Alberto Lattuada  volle ambientare  la novella di Verga (che era stata maltrattata severamente da Piero Gobetti) in un’ancora   grigia Basilicata appena uscita dagli effetti disastrosi della guerra  e  non nella Sicilia di fine ottocento.

Dirà il regista di cui quest’anno ricorrono i dieci anni dalla morte: “Per due mesi interi io ho vissuto a Matera  per fare un film che non c’entra niente con Matera”. Prima pellicola di finzione filmata, dunque, tra “i Sassi del degrado”,  per il saggista e regista Claudio Camerini (suo il Castoro su Lattuada) la troupe  spostò il set  anche nel potentino,  per l’esattezza a Muro Lucano, dove vennero girate poche sequenze.

Ma a parte questo “dettaglio ambientale”, come in  Verga, Alberto Lattuada accentrò il suo lavoro tutto intorno alla figura della Gna-Pina (una conturbante Kerima, attrice di origini algerine oggi novantenne) la cui bellezza e carnalità assommati ad un temperamento dirompente  la faranno guardare con desiderio dagli uomini e con invidia e disprezzo dalle  donne . La Lupa-Kerima conquisterà con l’arma della seduzione  il giovane  commilitone Nanni (Ettore Manni) , ma quando questo sposerà la figlia di lei,  Maricchia (una innocente May Britt), il film prenderà la piega di un tribolante melodramma.

Come giustamente fece notare qualche critico del tempo il verismo-novellistico di Verga  si tramuta nella pellicola in un atteggiamento formale e la sensualità della protagonista  si erge a pretesto per rappresentare una serie di quadri  dove la focosa  vicenda familiare  va a braccetto con lo scarno paesaggio lucano e la povertà della popolazione.

Ma “La Lupa” di  Lattuada, se vero che da un canto è da leggere  seguendo una prospettiva tutta attoriale,  dall’altro è da riconoscere in una pellicola che rimane impressa nel ricordo dello spettatore per alcune sequenze come la forsennata fuga tra i Sassi  dalla protagonista inseguita  dal suo giovane spasimante,  la processione  della festa patronale  in cui Maricchia veste i panni di Sant’Agata, l’inseguimento delle donne sulla La lupa la quale per vendetta si chiuderà  nella fabbrica dove tutte lavorano dando  fuoco ai macchinari e lasciandosi investire dalle fiamme. Se il lavoro  di Lattuada difetta per alcuni accordi tra uno stacco e l’altro, non si può negare al regista il merito di essere riuscito a rileggere la novella  seguendo la scia di un colto realismo e a rincorrere una  lunghezza d’onda tra la carnalità della Lupa-Kerima e le sfumature di un   pezzo di Meridione   appena sfiorato da primi insediamenti industriali.

lupaLA LUPA

di Alberto Lattuada

con Ettore Manni, May Britt, Kerima, Anna Arena.

b/n durata 93 min. – Italia 1953

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