di Gianni Quilici
La precarietà lavorativa nella globalizzazione è una scelta strategica che il Capitale ha (largamente) imposto su tutto il Pianeta. Vittime: i paesi poveri, ma anche le giovani generazioni dei paesi relativamente ricchi, compresi coloro, che si trovano ad essere cacciati di brutto dal lavoro in età avanzata.
Questo processo, insieme ad altri, sta cambiando il volto dell’Occidente e dell’Italia ed il cinema lo ha colto con diversi film tra cui recentemente Giorni e nuvole di Silvio Soldini.
E’ un film che emoziona, che crea vette di acuta tensione e questa tensione è vera: nasce dalla disperazione di chi scende rapidamente (e se ne vergogna) di grado sociale, di chi si trova costretto senza costrutto ad umilianti ed inconcludenti colloqui, di chi poi si adatta a fare lavori umili, di chi si ritrova, infine, a mani vuote e scarica violentemente sui “prossimi” (la moglie che a sua volta sta percorrendo, ma in modo più pragmatico le stesse difficoltà) la propria impotenza.
Non si deve, però, pensare ad un film che fa solo soffrire, perché questa sofferenza diventa, credo, empatia nello spettatore, partecipazione, commozione talvolta. Merito di una sceneggiatura calibrata, in cui questo progressivo perdersi dei protagonisti culmina in scene madri di forte impatto emotivo. Merito della adesione ricca di sfumature di Antonio Albanese e Margherita Buy, che mai gigioneggiano, come, pensando all’ Albanese comico-grottesco, si poteva sospettare. Di una regia che sta addosso ai personaggi, li fa vivere in lunghi piani sequenza, ma sa tagliare al momento giusto. Di una fotografia che dà a Genova, ripresa in bellissimi piani totali, il sentimento dolente della vicenda. Di una musica che dà sopratutto un ritmo al film, senza sottolineature sentimentali.
Il limite, a parte il rapporto del protagonista con il padre, inutile e che odora di letteratura, è fuori dalle intenzioni del regista stesso: nel rimanere i protagonisti dentro gli ambiti in cui inizialmente nascono come personaggi.
Niente, però, toglie alla coerenza della struttura del film. Il (discutibile) finale mi pare giusto, perché ambiguo. Mette insieme gli occhi dei due protagonisti, sdraiati sul pavimento, dal basso quindi verso l’alto, nella visione della bellezza (l’affresco nel soffitto), che si offre come speranza, possibilità del futuro. Non è un finale ottimistico, né però è pessimistico. E’ aperto. Come i due protagonisti, che si trovano in difficoltà, ma stanno “lottando”.
Può risultare una metafora dell’Italia di oggi: difficile, complessa e degradata, ma anche percorsa da un desiderio di riscatto.
Giorni e nuvole
di Silvio Soldini con Antonio Albanesi, Margherita Buy, Giuseppe Battiston
Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli, Silvio Soldini.
Montaggio: Carlotta Cristiani.
Italia-Svizzera 2007. Dur: 116′