“Superman Returns” di Bryan Singer

di Elisabetta Borghi

il-regista-bryan-singer-sul-set-di-superman-returns-26385Un film per grandi, per piccoli o per idioti?

Siccome non era già finita l’estate e non era ancora iniziato l’autunno, e si stava un po’ inconsapevoli in una stagione ambivalente, avevamo deciso di vedere un film di genere. Pronti ad affrontare quel tanto che basta di effetti speciali, di chiasso e confusione inutili dentro una sceneggiatura banale, perché la storia è sempre la stessa.

Dal genere al cattivo genere però, il passo è breve.

Superman, chi non lo conosce, con la sua tuta artificiale e il suo mantello.

Le precedenti versioni, dalla prima del 1978 alla quarta del 1987 con Christopher Reeve, noi non le avevamo viste, ma ci sembrava che il personaggio dei fumetti nascondesse il suo vero volto con una certa abilità, tanto da non essere riconoscibile nel momento in cui riacquisiva i suoi panni umani. Forse ci sbagliamo e come al solito non ricordiamo più niente.

Perché qui il giornalista Clark Kent trasformandosi in Superman per partire a razzo direttamente dal suo ufficio, senza metter tempo, non cambia nemmeno faccia e ricompare più tardi con quella stessa di prima, tranne gli occhiali. La sua espressione da superuomo è soltanto un poco più plastificata, lo sguardo più penetrante, ma nemmeno tanto. Perché allora, ci chiediamo, nessuno lo riconosce dopo le sue sortite benefiche e le sue super prestazioni? Perché soprattutto la bellissima Lois Lane non si era innamorata anche dell’uomo-giornalista, così come lo era dell’identico superuomo?

Ah, è vero! Non è l’aspetto che distingue l’uomo ma la sua funzione, quello che fa e come si esibisce. E qui il luogo comune dell’abito che non fa il monaco, che potrebbe nascondere un principio etico (conta di più la sostanza della forma), viene sovvertito. Per la donna (quel tipo di donna) conta di più l’azione straordinaria che l’azione ordinaria del “suo uomo” (quel tipo di uomo). Purché sia costante nel tempo, senza interruzioni. Alla domanda: “Ti rivedrò?” che implica una attesa e un desiderio, la risposta super idiota che si ripete è: “Mi trovi sempre in giro.” “E quando ho tempo, passo…,” verrebbe da aggiungere.

Un bel giorno evidentemente Superman non ripassa e sparisce dalla circolazione, senza nemmeno salutare (succede anche ai fidanzati normali); e Lois si sposa (accidenti, e il super-tempo?) con un altro giornalista, da cui avrà un figlio.

Così al suo rientro da Krypton, esplosa nel frattempo negli spazi, Superclark ritrova una madre troppo patetica e la sua fidanzata, moglie di un altro.

Intanto è ritornato anche il perfido Lex Luthor, che con improbabili espedienti mal assortiti, organizza la nascita di un nuovo continente. Questo, tutto rocce appuntite, andrà a sostituire gli Stati Uniti, destinati ad essere inghiottiti dagli abissi. Tra effetti speciali e discutibili ricostruzioni in scala ridotta, il bene e il male si contrappongono e il superuomo, per salvare il vecchio continente, corre persino il rischio di perdere la sua forza e di essere ucciso dai cristalli di criptonite, contenuti nella materia nemica.

Storditi e insoddisfatti dalle vicende mal recitate e da scenografie che tradiscono la sindrome delle torri gemelle, con pezzi di città che crollano a causa di nuovi mondi emergenti e sconosciuti , ci eravamo rifugiati nella vicenda sentimentale di Clark. Lui, quando deve agire da superuomo insieme alla sua donna che ha in qualche modo recuperato, riesce al massimo a sollevarla per aria e a svolazzare su Metropolis a velocità variabile. Invece, quando sta come uno scemo e attende un bacio da lei, lei glielo nega, non lo sfiora quasi, e il loro rapporto resta tutto verticale e casto. Certo, proviamo a spiegarci, sarà perché si tratta di un film per ragazzi. Senza malizia, dunque.

E allora perché Superman spia e fa il guardone nella casa dove vive Lois con la famiglia? È geloso, si capisce. Come si fa a lasciare Superclark per uno normale, che sa volare solo con un aereo? Il riscatto di Superman sta nel bambino che, dimostrando nel pericolo di avere dei poteri speciali, tradisce la sua vera paternità.

Superficie. Tutto, insomma, scorre in superficie, con un intreccio effimero, dove il male non è credibile e il fantastico si dissolve nel falso. E l’intento ironico, che quando c’è fa dei film di genere dei capolavori, si perde nella percettibile assenza del sentire.

Alla fine, ferito per la prima volta, Superclark giace nel letto di un ospedale, privo di conoscenza. “Mi senti?” chiede Lois. Poi gli dà, catartico, un bacio che non si vede. E che in un film, così privo di passione, nemmeno si sente.

Superman Returns

Regia Bryan Singer

Soggetto Bryan Singer, Michael Dougherty e Dan Harris, basato sul personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Shuster

Sceneggiatura Michael Dougherty, Dan Harris

Produttore Gilbert Adler, Jon Peters, Bryan Singer

Produttore esecutivo Thomas Tull, Scott Mednick, William Fay, Chirs Lee

Casa di produzione Warner Bros

Fotografia Newton Thomas Sigel

Montaggio Elliot Graham, John Ottman

Effetti speciali David Brighton, David Young, Chris Hampton, Brandon Engstrom, Eric Cotton, Danielle McAulay

Musiche John Ottman

Tema musicale John Williams

Scenografia Guy Hendrix Dyas

Costumi Louise Mingenbach

Trucco Tracy Reeby, Nikki Gooley

Sfondi Brian Dusting

Interpreti e personaggi

Brandon Routh: Superman/Clark Kent

Kate Bosworth: Lois Lane

Kevin Spacey: Lex Luthor

Frank Langella: Perry White

Sam Huntington: Jimmy Olsen

James Marsden: Richard White

Parker Posey: Kitty Kowalski

Eva Marie Saint: Martha Kent

Marlon Brando: Jor-El[1]

Kal Penn: Stanford

David Fabrizio: Brutus

Tristan Lake Leabu: Jason White

Ian Roberts: Riley

Vincent Stone: Grant

Jack Larson: Bo il barista

Stephan Bender: Clark Kent (ragazzo)Lingua originale inglese

Paese USA, Australia

Anno 2006

Durata 154 min


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