LA MOSTRA DEL NUOVO CINEMA DI PESARO RICORDA ADRIANO APRA’, UNO DEI NOSTRI MASSIMI CRITICI, STUDIOSI E STORICI DEL CINEMA. FONDO’ RIVISTE E FU DIRETTORE ARTISTICO DELLO STESSO FESTIVAL DI PESARO E DEL FESTIVAL DEL CINEMA DI SALSOMAGGIORE.
di Mimmo Mastrangelo
Irriducibile viaggiatore nelle immagini, diceva di essere un cane sciolto. E in effetti libero da vincoli o limitazioni lo fu per davvero nei sui molteplici ruoli di critico, studioso del cinema, regista, fondatore di riviste (“Cinema & Film”), direttore della Cineteca Nazionale e di Festival importantissimi come quello di Salsomaggiore e della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro.
Adriano Aprà, che ci ha lasciato nell’aprile del 2024 ad ottantaquattro anni, è stato un autentico bracconiere e scopritore di film d’autore che, altrimenti, non avrebbero avuto visibilità, nonché un cinecritico pronto a lasciarsi suggestionare da supporti filmici ed innovazioni tecnologiche di ogni genere .
E, tuttavia, sentimentalmente rimase ancorato alla militanza di un cinema rosselliniano espressione di un’ etica oltre di una investigazione sulla realtà del passato e del presente. Chi ha avuto modo di avvicinare in anni più recenti il “critosaggista” ha potuto conoscere l’ideatore del “Festival FuoriNorma”, contenitore nato a Roma nel 2017 che acceso dei riflettori sul quel cinema italiano indipendente e non protetto, orientato verso nuove strategie espressive ed ipotesi narrative, incline a strizzare l’occhio ad uno “spettatore partner” che pensa, si emoziona, elabora un giudizio.
Invece per una generazione di critici e cinecronisti più avanti negli anni, Adriano Aprà è stato l’intellettuale, “l’agitatore di movimenti”, il maestro secondo cui il cinema è tutto ciò che riguarda immagini e suoni in movimento, << da non discernere fra corti e lungometraggi, tra fiction e documentari ma solo tra film belli o brutti>>. Inoltre, Aprà andava sostenendo che ogni volta che si accende un schermo bisognerebbe fare del tempo del film un tempo guadagnato per conoscere in profondità le vicende degli uomini, gli eventi del mondo, i drammi della storia.
Praticata più sulle riviste che sui quotidiani, Adriano Aprà ha esercitato la critica anche stilando la programmazione delle sue rassegne, da direttore dell’ amatissima Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro – la 61ª edizione, che si svolgerà dal 14 al 21 giugno, gli dedicherà un omaggio – fu sostenitore dell’opera dei vari Tonino De Bernardi, Alberto Grifi, Gianni Toti, Chris Marker, Chantal Akerman, João César Monteiro, oltre del talento di giovani registi dell’epoca (siamo negli anni novanta) come Salvo Cuccia o il collettivo di Canecapovolto.
Fu grazie a lui, alle sue aperture e curiosità che in Italia si è potuto conoscere il “New American Cinema”degli anni sessanta, lo sperimentalismo indipendente di Mekas, Brakhage, Kramer, Anger, Markopoulos che segnò la fioritura di una concezione-altra del ruolo del cinema, il ribaltamento delle immagini strutturate sulla grammatica e sul sistema industria di Hollywood. Da regista Aprà diresse il film “Olimpia agli amici” (1970), tra i suoi documentari che lui chiamava critofilm (la critica in forma di video-saggio) troviamo “ Rossellini visto da Rossellini” (1992) e “Circo Fellini” (2010), invece da attore Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci e gli amatissimi Jean Marie Straub e Daniéle Huillet gli affidarono dei piccoli ruoli rispettivamente in “Dillinger è morto” (1968),“Amore e rabbia” (1968) e “Othon” (1969).
Adriano Aprà è stato uno di quei critici-studiosi che come Enzo Ungari (con cui fondò a Roma il Filmstudio 70) affrontò il cinema con passione e lucidità e, indubbiamente, anche con un bel po’ di esasperazione. Fece della cinefilia, oltre una parte integrante della sua vita, una sorta “politica degli autori” nel senso di presa di posizione, di “selezione critica di valori da opporre ad altri valori”.