NELLE SALE ITALIANE IL DOCU-FILM “ELVIRA NOTARI:OLTRE IL SILENZIO” DI VALERIO CIRIACI. RICOSTRUZIONE TRA TESTIMONIANZE DELLA STORIA DELLA PRIMA REGISTA ITALIANA CHE REALIZZO’ OLTRE 160 FILM TRA LUNGO E CORTOMETRAGGI.
Mimmo Mastrangelo
Non sempre si sa o si ricorda che i primi due decenni del novecento in Italia si giravano tra i quattrocento e i cinquecento film all’anno. Le ricerche e la passione di bracconieri di immagini perdute come il compianto Vittorio Martinelli o l’attuale direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, attestano, inoltre, la forte la diffusione e il prestigio oltreconfine del cinema muto italiano.
Una branca della filmografia nazionale fu rappresentata dalle opere delle case di produzione napoletane, tra di esse primeggiava la Dora-Film che iniziò la propria attività dal 1906 e venne fondata dal fotografo Nicola Notari e dalla moglie Elvira Coda, considerata senza ombra di dubbio la prima donna italiana a mettersi dietro la macchina da presa. Nata a Salerno nel 1875, a questa pioniera della settima arte è dedicato il bel documentario di Valerio Ciriaci “Elvira Notari, oltre il silenzio” che è ora nelle sale italiane dopo essere stato presentato in anteprima all’ultimo Festival di Venezia.
Prodotto da Parallelo 41 di Antonella Di Nocera, il docu-film del regista romano (ma vive a New York da quindici anni) attraverso testimonianze ricostruisce la storia della regista e della Dora-film con cui realizzò oltre sessanta lungometraggi e un centinaio tra cortometraggi (i cosiddetti “arrivederci”) e documentari. Un patrimonio filmico notevole di cui, purtroppo, si sono salvati solo i lungometraggi “E’ piccerella” (1922), “‘A Santa Notte” (1922) e “Fantasia ‘e surdato” (1924) e delle brevi sequenze di altri lavori.
Ispirati a note canzoni napoletane e a narrazioni popolari, i film di Elvira (che curava i soggetti e spesso vestiva i panni dell’ attrice) si sviluppavano in forma di sceneggiata con degli spaccati di vita e della società che svelavano pure una documentazione storica della Napoli del tempo. A differenza del cinema che si produceva nei grandi teatri di posa di Torino e Roma, i set di Elvira Coda Notari erano le strade e i vicoli della città, e per questo il suo cinema ha rappresentato anche una sorta di pre-neorealismo che, principalmente, tendeva a “valorizzare personaggi femminili dotati di una propria autonomia”.
Elvira Notari ha raccontato la voglia di libertà della donne di Napoli, e ciò è stato incredibile perché “avveniva un secolo fa in una società ancora fortemente dominata dall’ uomo”. Proiettate nelle sale con l’accompagnamento musicale di orchestrine e, spesso, di un attore chiamato a leggere le didascalie per gli spettatori analfabeti, le pellicole a colori (i singoli fotogrammi venivano colorati, imbibiti a mano con l’anilina) della Dora-Film ad un certo punto iniziarono a viaggiare sulle navi che portavano gli italiani nelle Americhe e qui ottennero lo stesso consenso riscontrato in Patria.
Un successo che, purtroppo, fu osteggiato dal regime fascista: il cinema di Elvira, oltre per la sua critica alle istituzioni, “alla legge”, era malvisto perché ritenuto sciatto e volgare, veniva boicottato dall’ufficio della censura per “la sessualità esposta e le devianze femminili”, per l’uso del dialetto e l’apertura a mostrare la pezzenteria, la vita ai margini della Napoli popolare. La fiamma del mito di Elvira andò spegnendosi a causa dell’avvento del sonoro, dello spostamento a Roma delle grandi produzioni e della crescente ostilità del Servizio di Revisione Cinematografica del Ministero dell’Interno. Così Elvira Notari delusa, decise di lasciare Napoli, allontanarsi dal marito e dai due figli Eduardo e Dora (una terzogenita, Maria, crebbe in un istituto) e ritirarsi nell’abitazione di uno zio sacerdote a Cava dè Tirreni dove nel 1946 morì nel silenzio più totale.
Scorrendo anche tra le immagini di vecchie pellicole e dei momenti di un progetto sulla regista della fotografa Cristina Vatielli e di un laboratorio di ricamo su fotogrammi dei film della Notari curato dall’artista Francesca Consonni, il documentario di Valerio Ciriaci ha sicuramente il pregio di far conoscere la figura, il fascino di Elvira Coda Notari, ma “oltre il silenzio” del titolo è un invito a riscoprire il suo cinema e quello del suo tempo, attrattore di tante energie, scrigno di artigianalità, passione, creatività, invenzioni.
Tra le altre testimonianze che fanno la trama del documentario quella della scrittrice Flavia Amabile autrice del romanzo “Elvira” (Einaudi), del comico Pippo Santonastaso, pronipote della Notari, della storica Giuliana Muscio, del regista Mario Franco che si vede anche in immagini di repertorio mentre intervista Eduardo Notari che nei film dei genitori incarnò sempre il personaggio di Gennariello, della docente dell’Università di Harvard Giuliana Bruno che oltre trent’anni fa scrisse sulla regista “Altre rovine con vista” e chiude il docu-film affermando: “A me non intessa fare la resurrezione di Elvira Notari, ma dare lo spazio ad altre donne ed altri uomini di creare qualcosa che possa essere utile al futuro. E’ questo il motivo per cui la storia continui”.