“Villa Nitti, le radici, la pianta, il silenzio” di Romano Massimiliano Troiani

       

LA SAGA DI UNA FAMIGLIA SPECIALE

di Mimmo Mastrangelo

       Villa Nitti è stata per un cinquantennio il sogno, “il punto di memoria”, la sicurezza di una famiglia i cui componenti vi andavano per cercare l’ anima (e non disperdere le origini meridionali). Quella dimora dallo stile liberty, costruita a picco sul mare del borgo Acquafredda di Maratea rappresentava un miraggio, una forza magnetica in grado di attrarre con le stessa potenza chiunque vi approdasse.

       Su produzione della Associazione Cinema Mediterraneo, il regista e scrittore romano Massimiliano Troiani in “Villa Nitti:le radici, la pianta, il silenzio” (2022) ha ricostruito la storia dell’ incantevole residenza che divenne il buen retiro di Francesco Saverio Nitti (Melfi 1868 – Roma 1953), della brillante moglie Antonia e della loro numerosa famiglia.

       Il docu-film, certo, è anche una pagina ricordo del Nitti grande meridionalista lucano, del precursore di una certa idea di europeismo, del politico che si oppose a Benito Mussolini e per questa avversione pagò con un umiliante esilio durato oltre vent’anni, ma lo sguardo di Massimiliano Troiani che si apre nelle stanze e nel parco di quell’immobile che l’ex-primo ministro comprò per quarantamila lire nel 1920 riflette la saga di una famiglia speciale che, purtroppo, nel corso degli anni è stata anche straziata da pesanti lutti.

       Un film di testimonianze, coi nipoti dello statista Maria Luisa e Mariano a fare da filo conduttore al racconto, oltre – tra gli altri- a Sandra Puccini (figlia del regista Gianni), allo storico Ernesto Galli della Loggia e ad alcune persone del posto frequentatrici all’epoca di una dimora approdo di personaggi noti e dove si poteva avvertire gli echi di tutte le lingue.

       La storia di Villa Nitti potrebbe essere ritratta oggi da angolazioni diverse, e ciascuna rileverebbe uno straordinario microuniverso di umanità, ma anche imprevisti dolorosissimi. Come la tragedia di Gian Paolo, il nipote di Nitti, il componente della famiglia che più frequentò la signorile residenza. Talentuoso storico, Gian Paolo si appassionò, oltre alla vita comunitaria di Maratea, alle vicende politiche della Basilicata tant’è che venne eletto (con 4.943 preferenze) tra i banchi del Partito Comunista nel primo Consiglio Regionale di Basilicata. Era il giugno del 1970, pochi giorni dopo le elezioni Gian Paolo Nitti moriva a solo 37 anni in un incidente stradale. La sua macchina, una “124 sport”, si schiantava contro un autobus di linea sull’asfalto che da Sapri porta a Maratea, al suo fianco c’era il giovane amico Ernesto Galli della Loggia che solo per un miracolo si salvò. Gian Paolo era un punto di riferimento per molta gente del posto, la sua morte fu devastante anche più di quella del nonno. Con la scomparsa del giovane (e il successivo suicido della madre Filomena) veniva così messa la parola fine su un racconto dai tratti epici. Villa Nitti chiudeva i battenti e le sue stanze prendevano ad evocare solo cumuli di ricordi.

       Oggi l’immobile fa parte del patrimonio della Fondazione che porta il nome dell’illustre politico ed economista lucano, ma a regnare gli interni è ormai un silenzio che inquieta ed incensa di nostalgia la memoria.

      Dal bel documentario di Massimiliano Troiani, Villa Nitti appare un luogo orfano, svuotato, senza più “genius loci”, una “casa sul confine dei ricordi” che sembra essere stata spostata altrove. “Villa Nitti non c’è più – chiosa Mariano Dolci – quella che è sopravvissuta è un’altra casa che non può raccontare le memorie più antiche. Soli il mare e gli scogli davanti sono rimasti gli stessi”.

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