Per citare un compianto maestro della critica nostrana, Lino Micciché, si può dire che il “cinecidio” perdura, il cinema italiano delle opere prime e seconde rimane oggi, come negli ultimi decenni, uno schermo opaco, una superficie oscurata di ombre.
Come documentato in “Esordi italiani” (Marsilio Editore, pag 338, euro 28,00) – saggio a più voci pubblicato in occasione della cinquantunesima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro – negli ultimi cinque anni sono state girate circa duecentocinquanta opere prime e secondo, tra queste, però, solo pochissime sono arrivate nelle sale.
Un mondo di immagini che rimane invisibile e oscurato al pubblico, ma il dato che può, in fondo, più inquietare è che nemmeno i critici e gli storici del cinema riescono a vedere questi film. L’invisibilità o la “strozzatura di mercato” va letta come una vera e propria censura a cui si deve aggiungere il paradosso che, mentre negli ultimi anni, abbiamo assistito a processi di trasformazione nella produzione grazie anche all’utilizzo del digitale, i canali per far arrivare i film al pubblico sono rimasti quello di venti-trent’anni fa.
Per un decano della critica come Gianni Canova “gli anni dieci del terzo millennio stanno evidenziando in maniera clamorosa come il vero tallone d’Achille della nostra cinematografia sia nella scarsissima capacità di costruire linee editoriali coerenti e tali da riuscire a vendere il prodotto.
Il problema sta nella colpevole ignavia con cui la stampa, i media, le televisioni (soprattutto quelle pubbliche) – sempre così pronte, giustamente, a celebrare il trionfo del made in Italy nel campo della moda o del design – hanno snobbato e sdegnato ogni tentativo di promozione intelligente del Made in Italy cinematografico”.
Un’altra traiettoria d’analisi (ma non opposta, intendiamoci) segue Giona A.Nazzaro (firma storica delle militanti pagine di “Filmcritica”) secondo il quale “il cinecidio” è stato compiuto con la piena consapevolezza di una classe politica mediocre che ha esercitato un’azione distante e “un’opzione politicamente irresponsabile”.
La politica ancora una volta sul banco degli imputati, però, non possono sottrarsi alle loro responsabilità ne’ la critica che non è riuscita ad indicare con decisione un’idea di cinema italiano per porre le basi di un futuro non improvvisato ma pensato, né gli stessi autori (i cinematografari) che, inclinando più verso il genere della commedia, hanno dipinto un paesaggio filmico separato dai processi storici del paese, prodotto un cinema che ancorato a logiche commerciali e a modelli televisivi , “si offre fatalmente come un già visto”.
Insomma, un interrogativo dopo aver letto i materiali critico-informativi (a cui sono da aggiungere anche trenta interviste ai registi esordienti) contenuti nel volume curato da Pedro Armocida si pone: il cinema italiano degli esordienti negli anni dieci del ventunesimo secolo presenta solo tratti in grigio e nero? No, assolutamente, nel nostro Paese ci sono registi esordienti bravissimi che hanno girate opere di ottima fattura e, purtroppo, per l’insieme dei motivi sopra esposto il loro talento viene mortificato.
“Esordi italiani”. a cura di Padro Armocida. Marsilio Editore. Euro 28,00