“Tommaso” di Kim Rossi Stuart

Tommaso-film-fotodi Riccardo Dalle Luche

Sedotti dalla sua elegante interpretazione del Commissario Maltese, abbiamo visto, col dovuto ritardo (più ci si allontana dalla prima visione più si è obiettivi), “Tommaso”, l’ultimo film da regista di Kim Rossi Stuart, del 2016. L’avevamo amato, come interprete, moltissimi anni fa, nei panni dello schizofrenico di “Senza pelle” (regia di D’Alatri, 1994), avevamo apprezzato il suo film sulla (sua) infanzia di una decina di anni fa, l’acclamato “Anche libero va bene” (2005), ne vediamo in “Tommaso” il sequel nella vita adulta. Sono tre film sull’”oggetto d’amore”: in Senza pelle un oggetto d’amore impossibile da attingere causa la remota fragilità dell’Io schizofrenico, in “Anche libero va bene” un oggetto d’amore (la madre) intermittente, che scompare e ricompare senza né preoccuparsi né rendersi conto di non poter garantire ai suoi figli un’imago femminile minimamente stabile, qui Kim è un Tommaso adulto che, sempre alla ricerca dell’oggetto d’amore assolutamente insindacabile e rassicurante, passa da uno pseudo-amore all’altro accettando alla fine, con serenità, la sua parziale incapacità di intendere e volere una relazione affettiva (anche se il finale, generando un’ambiguità, lascia aperta la strada ad un nuovo aggiornamento).

Tommaso è un classico film psicoanalitico, ricco di sogni, metafore, allegorie, che mette in scena quella che una volta si sarebbe chiamata “una nevrosi” ed oggi assomiglia più ad un disturbo di personalità (fobico, evitante, istrionico) associato ad una bipolarità dell’umore. Un film in gran parte molto bello e molto convincente, sia come film, che come storia di nevrosi. Come in genere questi film sono, è anche un film sul concepimento di un film (che è in effetti il film che stiamo vedendo), ed un film su un film che viene in effetti girato nel corso del processo mentale del protagonista, che, come il regista, di mestiere fa l’attore e il regista. Lo schema l’abbiamo già visto molte volte, a partire da 8 e ½ di Fellini (1963), nella serie autobiografica di Truffaut, in buona parte della filmografia di Nanni Moretti, al quale peraltro Kim Rossi Stuart assomiglia in modo inquietante nel fisico, pur essendo decisamente più carino.

Il film è stato valutato così così da pubblico e critica e non ha vinto alcun premio. Io penso che non sia giusto. E’ un film coraggioso, come tutti i film psicoanalitici, anche se qui il tono generale è quello della commedia, alcuni sogni, e soprattutto l’ossessione dei vermi mi pare un’invenzione cinematografica estremamente autentica e perturbante, degna di una vera interpretazione psicoanalitica; inoltre, se Kim gigioneggia un po’ troppo come attore di se stesso, le giovani donne che finiscono per essere sue facili  prede e vittime, con l’eccezione della più giovane e più naif di tutte, Sonia (Camilla Diana), sono delle interpreti magnifiche, oltre che delle donne di rara bellezza e sensualità, ed avrebbero senza dubbio meritato di più. Misteri della critica, dei premi e dei festival.

Insomma, “Tommaso” un film da rivedere, e di cui discutere; Kim Rossi Stuart un regista di cui verosimilmente sentiremo riparlare.

imagesTOMMASO

di Kim Rossi Stuart

con Kim Rossi Stuart, Cristiana Capotondi, Jasmine Trinca, Camilla Diana. Italia 2016

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