“Urli e risvegli” di Nicola Ragone

carmine_donnoladi Mimmo Mastrongelo

Pasquale intuì tutto. Avvertì per primo che il frastuono tracimante dalla poesia di Carmine Donnola  non poteva andar disperso. E quei  versi che l’amico tirava fuori dalle nebbie del suo stato d’animo, tra un bicchiere e l’altro, quella volta decise di trattenerli dentro di sé, ingoiando il foglietto di fortuna su cui erano stati riportati.

E’ cruciale questo aneddoto di Pasquale che si mangia parole e carta,  perché anche da qui può partire la storia di  Donnola, il poeta di Grassano (il paese del materano dove Carlo Levi passò il primo periodo del suo internamento in Lucania) che da giovane  sognava  di fare l’attore ed invece si è ritrovato bidello nelle scuole e, per un lunghissimi anni, a combattere contro i demoni maledetti del bere. Di quando era  l’alcol  a battere le scansioni del suo vivere  dice di avere solo rimpianti e nessun ricordo. Passava da un bar all’altro o si ritrovava con gli amici nel grotta di Zorro, la cantina di Pasquale dove, tuttavia, tra i fumi dell’alcol fermentava  una poesia di piaghe e ferite in cui i tumulti di Donnola trovavano commistione con le urla di ogni uomo in affanno.

Sessantaquattro anni, barba lunga  ed incolta da monaco francescano, il cantore di Grassano che  vorrebbe “abbracciare la notte/dimenticare il tempo che fugge” da anni  non è più un alcolista, la  poesia l’ha salvato  restituendogli il sapore dell’esistere.

Lo racconta in “Urli e risvegli”, il docu-film a lui dedicato  da Nicola Ragone  che l’aveva già voluto sul  set del cortometraggio “Sonderkommando”,  vincitore  nel 2015 del Nastro D’Argento. Il nuovo lavoro del  giovane regista lucano è un ritratto  di un uomo che  ha trovato  nel parola scritta il suo  bastone,  il sostegno per trasformare i  demoni di dentro in un risveglio, in una dolcezza disarmante. In un candore malinconico  che  viene sbattuto da Ragone allo sguardo dello spettatore sin dalle primissime sequenze in cui si vede Donnola nello scompartimento di un treno locale e  la macchina della presa che affonda sul  suo  volto rugoso e su quel suo sguardo assorto nei pensieri.

Un film su un uomo  e sul suo  segno poetico  è “Urli e risvegli” (attenzione proprio urli e non urla come si dovrebbe dire, così si vuol significare il grido dei tanti):  Donnola  parla del suo barcollante passato  e della sua ritrovata via,  attraversa luoghi della sua terra di Basilicata per andare  donare versi a conoscenti o lasciarli nei posti più impensabili come  dei messaggi in bottiglia. Lo si vede, inoltre, tra la piccola comunità di amici  della grotta di Zorro  e, infine, mentre urla  i suoi graffi con Eugenio Bennato che, spesso, durante i suoi concerti in Basilicata  lo chiama sul palcoscenico.

E se l’artista napoletano dice di aver trovato nella voce di Donnola  un inciso rock,  Nicola Ragone con il suo film – passato in anteprima al Bif&st di Bari e prodotto da Cutfish col sostegno della Lucana Film Commission – si adombra per  farci cogliere la poesia come uno spazio dell’autentico. E, naturalmente, in questa sua opera è sostenuto dal poeta di Grassano la cui parola anche sullo schermo si manifesta in entità  meravigliosa e sensibile. Seppur fragile, alla stregua  delle più alte poetiche.

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