Fotogramma. “Un Chien Andalou” di Luis Buñuel

chien_andaloudi Maddalena Ferrari

La luce della luna penetra da una finestra che si intravede, di lato, con una tenda oscillante; illumina il mento e il collo, perfettamente rasati e lisci, di un giovane dai folti capelli scuri; la parte superiore del volto è in penombra; le palpebre abbassate lasciano intuire uno sguardo languido e sognante.

Tutto, in quel volto in primo piano, dagli occhi misteriosi alle labbra semiaperte, converge verso un piccolo oggetto, che taglia la bidimensionalità dell’immagine e dello schermo: la lama di un rasoio. Questo oggetto stride con la dolcezza ed il raccoglimento della penombra, con l’espressione sorniona e un po’ sensuale dell’uomo, sottolineata dalla  sigaretta negligentemente appoggiata ad un lato della bocca.

E’ singolare che Bunuel, nella sequenza iniziale del suo primo film, proponga se stesso come immagine in una situazione di tensione e di ambiguità. Subito dopo, il taglio dell’occhio darà inizio alla lunga serie di provocazioni poetiche e liberatorie di questo grande regista.

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